I trattamenti

OBIETTIVI DEL TRATTAMENTO

La depressione è una malattia e come tale si può curare, grazie alla sempre maggiore disponibilità di terapie. Per la maggior parte delle forme depressive, infatti, è possibile la remissione dei sintomi e far sì che la persona possa avere una buona qualità di vita. Quest’ultimo è un obiettivo che viene perseguito sempre, anche quando, dopo il primo episodio depressivo, se ne verificano altri (si parla di ricadute) e persino nei casi in cui si assiste ad una vera e propria cronicizzazione della malattia depressiva.

È possibile la remissione dei sintomi e che la persona possa avere nuovamente una buona qualità di vita.

Il benessere, l’obiettivo primario

La terapia può variare nel corso del processo di guarigione e deve essere modulata in base al ciclo della malattia. Esistono diverse fasi che un paziente vive durante gli episodi depressivi, ognuna delle quali deve ricevere uno specifico trattamento. Ad esempio, nella fase acuta la priorità è quella di contenere i sintomi e ripristinare un adeguato adattamento sociale e lavorativo, mentre nel lungo termine l’esigenza del paziente è prevenire le ricadute e la cronicizzazione della patologia.

Purtroppo però le stime ci dicono che ad oggi meno della metà delle persone che soffrono di depressione ricevono un’adeguata diagnosi e un corretto trattamento: ciò può essere spiegato da vari fattori. Ad esempio, spesso vi è un ritardo di diversi mesi tra la prima comparsa dei sintomi depressivi e il vero e proprio accesso del paziente al proprio medico; talvolta vi è un ritardo tra l’effettivo riconoscimento dei sintomi e l’impostazione di una corretta terapia antidepressiva; in altri casi ancora vi è scarsa aderenza alla terapia da parte del paziente stesso o l’abbandono delle cure, con il concreto rischio di una riacutizzazione e una cronicizzazione della malattia. Si tratta di dati importanti che devono necessariamente aprire ad una riflessione sulla rilevanza che lo “stigma” riveste ancora oggi nel campo della depressione e sulle azioni da sviluppare per ridurne l’impatto sui malati e sulle famiglie.

Curarsi costa meno

L’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha definito la depressione come la malattia principale causa di disabilità al mondo. Il significativo cambiamento rispetto al funzionamento abituale del paziente e alla sua qualità di vita, è evidente a tutti i livelli: personale, sociale, famigliare e lavorativo. Ciò si traduce in un maggiore rischio di assenteismo dal lavoro, in una ridotta performance scolastica, in maggiori tassi di disoccupazione e pensionamento anticipato, nonché problematiche famigliari quali ad esempio condizioni di solitudine e separazione. In Italia il costo sociale in termini di ore lavorative perse è pari a 4 miliardi di euro all’anno, senza considerare l’impatto sociale della malattia, dal momento che per ogni paziente sono coinvolti almeno due familiari. I costi del non-trattamento o di un trattamento inefficace risultano essere quindi più consistenti rispetto a quelli del trattamento stesso, a causa della gestione delle complicanze e delle conseguenze extra-sanitarie sopracitate. La tempestività della diagnosi e le decisioni sulle strategie terapeutiche, come le cure farmacologiche, l’assistenza medica specialistica e l’eventuale ospedalizzazione, sono obiettivi che diventano veri e propri investimenti sotto il profilo clinico, sociale ed economico.

L’unione fa la forza

Gli Stati europei sono letteralmente “scesi in campo” per promuovere efficaci azioni di prevenzione mirata, un tempestivo e facilitato accesso ai percorsi di diagnosi e di cura, anche attraverso il potenziamento dei servizi sul territorio, e attività di ricerca volte a individuare le misure terapeutiche più efficaci e innovative in ambito farmacologico, cognitivo e psicosociale.
Sulla base di queste esigenze, una coalizione di società scientifiche e associazioni di familiari europee impegnate nella lotta alla depressione ha presentato nel 2018 al Parlamento Europeo il rapporto “A sustainable approach to depression: moving from words to action”. Il documento evidenzia la gravità della depressione in Europa e la necessità di maggiori investimenti a livello politico-istituzionale; inoltre suggerisce raccomandazioni concrete su come affrontare questa malattia basandosi su comprovate prove scientifiche e di buona pratica e auspica una risposta adeguata da parte dei decisori politici.

In linea con questo rapporto europeo, in Italia la Fondazione ONDA ha formulato il Manifesto “Uscire dall’ombra della depressione”, realizzato col patrocinio della SIP, Società Italiana di Psichiatria, della SINPF, Società Italiana di Neuropsicofarmacologia, di Cittadinanzattiva e di Progetto Itaca. Il Manifesto è articolato in dieci punti, per promuovere efficaci azioni di prevenzione mirata e di screening, un tempestivo e facilitato accesso ai percorsi di diagnosi e cura, anche attraverso il potenziamento dei servizi sul territorio e attività di ricerca volte a individuare le misure terapeutiche più efficaci e innovative in ambito farmacologico, cognitivo e psicosociale. Il documento riporta anche l’invito a non sottovalutare i campanelli d’allarme e a ridurre lo stigma, dal momento che ancora oggi sulla depressione aleggia una forma di vergogna che impedisce ai pazienti e a chi sta loro accanto di chiedere aiuto. Il Manifesto è stato presentato per la prima volta alla sala stampa della Camera dei Deputati il 10 aprile 2019.

APPROCCI AL TRATTAMENTO

La depressione è una malattia complessa e diversificata. Allo stesso modo, l’approccio al trattamento va valutato in maniera personalizzata sulla base dei sintomi e delle esigenze di ciascun paziente, dell’andamento della patologia nelle sue diverse fasi, della risposta clinica o di eventuali ricadute.

La diagnosi

La diagnosi rappresenta il primo passo verso la scelta di una terapia appropriata. Essa si basa innanzitutto su un lungo colloquio con il paziente, per comprendere eventuali avvenimenti traumatici accaduti nella vita della persona che possono aver dato origine alla malattia depressiva (ad esempio un lutto, una separazione, un problema economico o lavorativo). Tuttavia, non sempre è presente o individuabile una specifica causa scatenante. Un colloquio approfondito con il paziente permette di registrare elementi essenziali circa i sintomi e lo stato d’animo della persona, fondamentali nel riconoscimento della patologia.

Quando possibile, può essere utile durante la prima visita la presenza di familiari oppure di un caregiver

La visita e la comunicazione coi familiari

In molti casi, questo può rappresentare un elemento necessario per ricostruire gli eventi e la sintomatologia della persona sofferente. Chi è depresso vive infatti in uno stato di profondo abbattimento psicologico che talvolta può rappresentare un ostacolo durante il colloquio. La presenza di una persona cara consente infatti di comprendere e approfondire meglio se si sono manifestati determinati sintomi come alterazioni del sonno e dell’appetito, spossatezza fisica, anedonia e perdita dell’energia, ma anche sensi di colpa o ideazione suicidaria passiva (“vorrei mi venisse un infarto, vorrei morire per un incidente”) o attiva (“ho pensato di gettarmi dal balcone per farla finita”).

TRATTAMENTI FARMACOLOGICI

Dall’arrivo dei primi farmaci per la cura della depressione, dagli anni ’50 ad oggi, ci sono stati enormi progressi, soprattutto in termini di sicurezza e riduzione degli effetti collaterali. Rispetto ad allora, sono oggi disponibili molecole efficaci e mirate che permettono un trattamento più accurato e tollerato.

Le cure farmacologiche

I farmaci antidepressivi di nuova generazione rappresentano il trattamento di prima scelta nella depressione, anche se vi è ancora molta diffidenza all’idea di assumere medicinali per curare la malattia poiché spesso ritenuti erroneamente non necessari o a causa di effetti collaterali eccessivi. Oggi è possibile ritagliare sul singolo paziente la migliore terapia possibile, valutando la risposta clinica e la tollerabilità a eventuali trattamenti antidepressivi pregressi, la storia familiare e la concomitante assunzione di altri principi attivi per trattare altre patologie, un’eventualità particolarmente frequente nel caso degli anziani. Per questa categoria di pazienti è richiesta la massima attenzione: l’anamnesi positiva per altre malattie costituisce un fattore di prognosi sfavorevole, poiché gli anziani soffrono di episodi depressivi più intensi e prolungati, presentano peggiori livelli di funzionamento fisico e relazionale, minore aderenza alle strategie terapeutiche e maggiore incidenza di ricadute.

Quanto dura la cura

Il trattamento non ha una durata standard per tutti. Una volta intrapresa una terapia farmacologica antidepressiva, questa viene proseguita in accordo alle indicazioni individualizzate che vengono fornite dal medico.

In linea di massima, nel caso di un primo episodio depressivo, la terapia va mantenuta per almeno sei mesi dalla scomparsa dei sintomi, ovvero dalla remissione.

Quando invece si tratta di una ricaduta, o il paziente ha già vissuto diversi episodi depressivi, la cura deve essere protratta per un periodo più lungo, anche per oltre due anni dalla remissione dei sintomi.

Sono tempi lunghi, che richiedono un monitoraggio costante da parte del medico curante per intervenire tempestivamente nel caso insorga la necessità di modificare il trattamento.

L’intervento del medico è anche fondamentale nella decisione di cambiare o meno un trattamento già in corso: per esempio se nell’arco di due/quattro settimane dall’inizio della cura, l’antidepressivo, prescritto a un dosaggio adeguato, non determina un’iniziale risposta clinica in termini di efficacia, si può considerare un cambio di terapia.

Il rischio di suicidio

Talvolta la sintomatologia depressiva può raggiungere un livello di gravità tale da sfociare in un concreto rischio di suicidio per il paziente, sebbene il rischio di suicido possa anche insorgere in forme depressive apparentemente più lievi. Tale evenienza costituisce una vera e propria emergenza perché viene posta in serio rischio la vita stessa del paziente.

Per una valutazione il più possibile completa del livello di rischio, il clinico esamina una serie di fattori, in modo da distinguere quelli su cui è possibile intervenire farmacologicamente come l’ansia e l’insonnia. In questi casi, infatti, l’intervento terapeutico deve essere il più tempestivo possibile anche tramite opportune misure di cautela come un periodo di osservazione in modalità di ricovero ospedaliero.

ALTRI TRATTAMENTI

I farmaci non sono l’unico approccio

Nei pazienti con Depressione Maggiore, la forma più severa e complessa di depressione, e più in generale in tutte le altre tipologie di malattia depressiva, può essere indicato un trattamento psicoterapico sia come terapia di prima scelta sia in combinazione con un farmaco antidepressivo. Come testimoniato da numerosi studi clinici, l’associazione della psicoterapia alla terapia farmacologica permette di ottenere una migliore efficacia nel controllo della patologia.
Ad oggi, i migliori risultati nell’iter psicoterapeutico sono stati dimostrati con la terapia cognitivo-comportamentale, indicata in tutte le fasi della patologia.

Altri trattamenti

Per i pazienti particolarmente gravi, che non rispondono a plurime linee di trattamento farmacologico e psicoterapico, nonostante una corretta aderenza alle terapie, sono disponibili varie tecniche di neuro stimolazione, tra cui la più diffusa consiste nella stimolazione elettro-magnetica selettiva a livello di specifiche aree cerebrali, tale tecnica si chiama Stimolazione Magnetica Transcranica o TMS.

Fonti

La salute mentale in Italia. Libro bianco 2019, Fondazione Onda. Franco Angeli Editore

Manifesto “Uscire dall’ombra della depressione”, aprile 2019 – Fondazione ONDA

Epicentro, Istituto Superiore della Sanità

Manuale di psichiatria, A. Rossi, M. Amore, B. Carpiniello, A. Fagiolini, G. Maina, A. Vita. Ed. Edra

Depressione, Sezione La nostra salute>Enciclopedia salute>Disturbi psichici. Ministero della Salute

La prevenzione del suicidio, M. Pompili. Ed. Il Mulino (www.prevenireilsuicidio.it)

National Institute of Mental Health (www.nimh.nih.gov)

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