Depressione: il tabù del 21° secolo

Depressione: il tabù del 21° secolo

Secondo le indagini Eurodap, per l’81% delle persone, la depressione è una malattia che in alcuni casi è meglio nascondere perché difficilmente accettata dalla società

Il 16 ottobre scorso si è celebrata la Giornata europea della depressione. Un momento che ha il ruolo di ricordare a tutti l’importanza e la gravità di questa patologia, la quale risulta essere sempre più diffusa e, soprattutto, ancora molto sottovalutata e ignorata. A dimostrarlo sono i dati che emergono dallo studio Eurodap in cui si è voluta fotografare quella che è la percezione di questa grave patologia da parte delle persone.

È risaputo che le malattie mentali siano soggette ad una forte stigmatizzazione e che provochino un grande senso di vergogna in chi ne è affetto, come se fossero qualcosa per cui nascondersi e doversi giustificare. La conseguenza è una preoccupante sottostima di questo tipo di patologie che a sua volta può portare ad ignorarne i sintomi e a ritardare o evitare totalmente la diagnosi e il trattamento. La depressione nello specifico è una delle patologie maggiormente difficili da accettare, che, se non trattata in tempo e con i giusti mezzi, rischia di generare conseguenze gravi per chi ne soffre e per chi gli sta intorno. Dall’analisi emerge che l’81% delle persone intervistate considera la depressione una malattia difficilmente accettata dal contesto sociale, e reputa sia meglio in alcuni casi nasconderla per questo motivo.

La chiusura che viene mostrata verso la patologia è causa e conseguenza di uno scarso livello di conoscenza in materia. Questa diffusa disinformazione porta ad accomunare i sintomi a comportamenti legati a momenti della vita o a episodi sporadici e privi di significati complessi. Dallo studio risulta che il 76% degli intervistati è convinto di saper riconoscere i sintomi depressivi, ma, allo stesso tempo, il 45% di questi, che è stato a contatto con persone affette dalla patologia, ammette di non essersi accorto di niente. Non a caso, accade sempre più spesso che i sintomi – come umore a terra, frustrazione, bassa autostima, apatia… - siano riconosciuti come campanelli d’allarme troppo tardi, quando ormai lo stadio della malattia è avanzato e gravoso. Il dato risulta particolarmente preoccupante se si considera che questa patologia interessa il 5% della popolazione.

È quindi fondamentale aprirsi maggiormente alla conoscenza di questa patologia, ma anche a quella delle altre malattie psicologiche in generale, al fine di combattere lo stigma che le caratterizza e aiutare chi ne soffre a superarle con più facilità. In primis, è necessario imparare a riconoscere i principali sintomi, a distinguerli e a identificarli come campanello d’allarme. Nel caso si riscontrassero in persone vicine, è fondamentale rivolgersi al più presto a uno specialista che possa quindi dare inizio ad un rapporto con il paziente e a un processo di cura. Infine, è sempre opportuno adottare un approccio maggiormente inclusivo e non giudicante, specialmente, nei confronti delle persone che soffrono della patologia o che potrebbero soffrirne, evitando di sottostimare gli stati d’animo condivisi e di esprimersi su una situazione non conosciuta.

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